Pignasecca e Pignaverde
Pignasecca e Pignaverde
Pignasecca e Pignaverde
Pignasecca e Pignaverde
Artistica

25 - 26 - 27 marzo

ORE 21:00

Regia di Tullio Solenghi

Pignasecca e Pignaverde

di Emerico Valentinetti

con Tullio Solenghi

altri interpreti: Claudia Benzi, Laura Repetto, Matteo Traverso, Stefano Moretti, Roberto Alinghieri, Mauro Pirovano, Stefania Pepe
riduzione e adattamento in due atti: Tullio Solenghi e Margherita Rubino
progetto scenografico: Davide Livermore
trucco e parrucco: Bruna Calvaresi
regista assistente: Roberto Alinghieri

produzione: Teatro Sociale di Camogli, Teatro Nazionale di Genova

manifesto: Luigi Maio

Il Teatro Sociale di Camogli e il Teatro Nazionale di Genova proseguono la loro avventura goviana portando in scena “Pignasecca e Pignaverde”, secondo capitolo di un progetto incominciato nel 2022 con “I maneggi per maritare una figlia”. Anche questa volta il protagonista e regista dello spettacolo è Tullio Solenghi, che nuovamente si trasformerà, anima e corpo, in Govi.
Per il ruolo di Alessandro Raffo, che insieme a Felice Pastorino è il protagonista della celebre scena del sigaro, Solenghi ha voluto accanto a sé un altro attore e comico genovese: Mauro Pirovano. Quasi tutti gli altri componenti del cast li abbiamo già conosciuti e apprezzati nei “Maneggi”: Laura Repetto, Matteo Traverso, Stefano Moretti, Roberto Alinghieri (anche regista assistente dello spettacolo), Stefania Pepe, ai quali si aggiunge un nuovo nome, Claudia Benzi.
Il progetto scenografico è firmato da Davide Livermore, uno dei più importanti registi di oggi sia di prosa che di opera. Come nei “Maneggi”, anche in “Pignasecca e Pignaverde” Solenghi “clonerà” la maschera di Govi, grazie allo stupefacente trucco e parrucco di Bruna Calvaresi.
La commedia inizia con la signora Matilde che fa i conti con Lucia, la serva di casa, per il resto della spesa. Anche se i conti non tornano, la signora sorvola sulla questione, ma fa la sua comparsa il marito, il signor Felice Pastorino, che corregge i conti e inventa delle scuse che costringono Lucia a tirare fuori i soldi di propria tasca per far quadrare i conti. Della famiglia fa parte anche la figlia, Amalia, ancora da maritare. Felice vorrebbe che la figlia si sposasse con il proprio cugino, Alessandro Raffo, un commerciante quarantenne, benestante, di Sampierdarena. Ma Amalia è contraria e addirittura mostra disprezzo per Alessandro. Lei, infatti, è innamorata del giovane Eugenio, vicino di casa andato in America a cercare fortuna dopo che Felice gli ha rifiutato la mano della figlia, perché poco abbiente. Felice annuncia alla figlia che verrà a pranzo il cugino Alessandro Raffo e Amalia confida alla madre tutta la sua amarezza per il matrimonio di interesse a cui il padre la sta costringendo. In casa entra il proprietario dei muri, Isidoro Grondona, che annuncia l’imminente arrivo di Eugenio. Entra poi Eugenio, che subito saluta Amalia, accompagnato dal figlio del suo capo, Manuel Aguirre, un ricco commerciante argentino con una brillante personalità, che è venuto a Genova per sbrigare un affare, per il quale chiede subito una consulenza a Felice. Appena arriva il cugino Alessandro, tutti se ne vanno, a parte Felice, mentre Amalia fa finta di sentirsi poco bene per non pranzare con l’odiato promesso sposo. Dopo il pranzo, Felice e Alessandro discutono sulla dote e si accordano per 200.000 lire. Quindi Manuel ed Eugenio raggiungono Felice per parlare dell’affare: l’acquisto di un bastimento da carico per il quale chiedono la mediazione di Felice (subito allettato dal possibile guadagno), data la sua grande esperienza in materia. Terminato il colloquio d’affari, Eugenio chiede la mano di Amalia a Felice, che la rifiuta nuovamente, anche perché ciò significherebbe separarsi dalla figlia, che andrebbe a vivere in Argentina. Manuel chiede di parlare da solo con Felice, per cercare di convincerlo a cedere, ma questi continua a trovare mille scuse per non dare la figlia in sposa ad Eugenio. Felice, alla fine, comunica la sua scelta alla figlia e alla moglie, che si intristiscono. Inoltre, riesce a contrattare con il cugino la riduzione della dote a 100.000 lire. Isidoro informa Felice che la figlia è scappata con Eugenio in riviera, cosa che rende Felice molto preoccupato e contrariato. Sulla scena compare Manuel, che annuncia che l’affare si è concluso bene. Isidoro, a questo punto, rivela a Felice che la figlia è nell’appartamento accanto; Manuel dice che la “casa Aguirre”, di cui Manuel è l’erede, avrà bisogno di una persona di fiducia sul posto, per cui Eugenio può rimanere a lavorare a Genova. A questo punto niente si può opporre alle nozze e Felice è felicissimo di acconsentire, a patto che si uniscano i due appartamenti contigui per realizzare un unico appartamento e che le spese dell’apertura nel muro siano a carico del proprietario, Isidoro Grondona.

Note di regia
L’esito entusiasmante dei Manezzi per maritare una figlia di Gilberto Govi, che nell’arco di ottanta repliche ha divertito ed emozionato una platea di 50.000 spettatori, non poteva che preludere ad una nuova avventura con l’altro grande classico del magistrale repertorio di Govi: Pignasecca e Pignaverde. Così Tullio Solenghi, regista e interprete − firma anche l’adattamento assieme a Margherita Rubino − sulle scene e i costumi disegnati da Davide Livermore, dà corpo e voce a Felice Pastorino, protagonista della celebre commedia scritta da Emerico Valentinetti nel 1957.
Spiega Solenghi presentando il lavoro: “Lascio i panni del remissivo Steva per calarmi con immutato entusiasmo in quelli del più arcigno Felice, una maschera che, a differenza della precedente, nasconde, tra gli immancabili spunti di grande comicità, lati umani oscuri e intriganti da indagare e rappresentare. Questo nuovo personaggio goviano rappresenta, infatti, l’eterno archetipo dell’avaro, attorno al quale ruotano personaggi e situazioni che vanno a comporre, nell’attenta osservazione della realtà, quel microcosmo di stampo ligure che si manifesta in una sorta di preziosa “foto d’epoca”. È proprio sfogliando queste immagini sceniche che il pubblico ha partecipato ai nostri Manezzi, in una sorta di rito collettivo che voglio puntualmente ricreare con questa nuova rappresentazione.
In Pignasecca e Pignaverde la maschera si fa più autentica, con una maggiore profondità narrativa: una nuova sfida per me, per la mia messa in scena e per la compagnia che mi affianca, professionalmente ineccepibile in ogni ruolo, perché l’empatia del gruppo è sempre stata una delle risorse essenziali del teatro di Gilberto Govi. A lui e alla sua arte ho voluto dedicare anche in questa mia nuova messa in scena un mio personale tributo”.
Buon nuovo rito collettivo a tutti con “Pignasecca e Pignaverde”!

Tullio Solenghi

Dopo il trionfo de “I manezzi pe majâ na figgia” Solenghi/Govi torna sul palco del Teatro Chiabrera

RAJEEV BADHAN, Direttore Teatro Chiabrera

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