Il Teatro Chiabrera
LA STORIA
Il teatro viene inaugurato l’1.10.1853 con l’”Attila” di Giuseppe Verdi diretto dal M° Luigi Fabbrica. Principalmente teatro d’opera per tutta la seconda metà dell’Ottocento con la gestione affidata ad impresari in concorso con la sovvenzione comunale che prevedeva una stagione di prosa ad Autunno e una d’opera a Carnevale (per non meno di 60 recite complessive), ha visto rappresentate le maggiori opere del melodramma con la presenza di illustri cantanti da Mc Cormack a Giani, dalla Gruitz alla Caruzzi Bedogni, fino a Toti del Monte e Tito Schipa e al debutto assoluto della savonese Renata Scotto. Oltre alle rappresentazioni liriche si sono alternate le più importanti compagnie di prosa dell’Ottocento dalla Lambertini alla Maieroni, dalla Papadopoli alla Santoni e, nel Novecento fino alla seconda guerra mondiale, da Salvini a Novelli, da Zacconi a Ruggeri, da Picasso a Ricci, da Moissi a Benassi. L’intervento finanziario del Comune tende a diminuire progressivamente fino ad interrompersi alla vigilia del primo conflitto mondiale. Ad esso si sostituiscono due benemerite associazioni cittadine, gli “Amici dell’Arte” e gli “Amici della Musica” che programmano stagioni di buon livello (tra l’altro, la presenza di Govi e Cervi e, nel dopoguerra, di Eduardo De Filippo). Nel 1954 inizia un lunghissimo restauro che si conclude nel 1963 con la ripresa di una programmazione di prosa di qualità in collaborazione con l’Ente Teatrale Italiano. Dopo la lunga chiusura per tutti gli anni cinquanta, dal 1967 il Comune assume la gestione diretta che tuttora mantiene e che gli ha consentito di porsi come un qualificato interlocutore della prosa italiana.
La struttura architettonica
Il Teatro Comunale Chiabrera è il più bel teatro storico in funzione della Liguria. Costruito su progetto dell’architetto messinese Carlo Falconieri, approvato dall’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino alla quale il Comune di Savona aveva demandato la scelta dei vari elaborati, è stato realizzato in circa tre anni, dal 1850 al 1853, con la sottoscrizione per i 2/3 da palchettisti, (soggetti privati che acquistavano, appunto, un palco) e dal 1883 è interamente di proprietà comunale.
L’edificio ha un prospetto di 27 metri, un altezza di 23 metri sino al vertice del frontone e una profondità di 57 metri, con la facciata che ha un portico esterno sorretto da 4 colonne doriche di marmo e altrettante superiori in cemento e marmo di stile ionico che sorreggono un frontone triangolare. Nel timpano è raffigurato il poeta Gabriello Chiabrera nell’atto di presentare il poema “Amedeide” al Duca Carlo Emanuele I° di Savoia. L’ideazione è del padre Carlo Faà di Bruno, docente di retorica nel Collegio delle Scuole Pie, il modello è del genovese Santo Varni e la realizzazione del bassorilievo è di mano del savonese Antonio Brilla. Sopra il timpano è posto un Apollo Citaredo eseguito dal savonese Giobatta Frumento. Le 4 statue della facciata sono, in alto, Rossini e Metastasio realizzate dal savonese Antonio Brilla e, in basso, Alfieri e Goldoni realizzate a Carrara rispettivamente da Giuseppe Rocchi e Ceccardo Ludovici su modelli in gesso, per tutte e quattro le statue, di Santo Varni.
La sala, “all’italiana”, prevedeva una platea di 380 posti in piedi e 60 sedie e uno sviluppo in altezza di 4 ordini: il primo con 20 palchi, il secondo ed il terzo con 21 palchi ciascuno, per un totale di 62 e 370 posti, ed un quarto, il loggione, con 250 posti in piedi. Per l’illuminazione era previsto un “astrolampo” con 50 lumi e del peso di 50 quintali che veniva fatto scendere dal sottotetto. Nel 1864 venne sostituito dalla luce a gas e nel 1886 il gas venne sostituito dall’elettricità A seguito dell’incendio del 1883 la parte centrale del terzo ordine fu trasformata da palchi in loggione e venne tolto il baldacchino al palco della Corona (secondo ordine centrale). Il restauro radicale, che si è protratto dal 1954 al 1963, ha modificato sensibilmente la struttura abbassando la platea ed eliminando la divisione in palchi. Il primo, terzo e quarto ordine si sono trasformati in balconate, il secondo ordine ha mantenuto la divisione in 21 palchi ma solo con tramezzi non in muratura a mezza altezza. La capienza è ora, formalmente, di 626 posti (312 in platea e 314 nei 4 ordini), circa 350 in meno di quelli originari, ma data la fortemente diseguale qualità della visibilità, la reale capienza è inferiore a 600 posti. L’Architrave dorato e le colonne corinzie laterali riprendono la decorazione del San Carlo di Napoli mentre gli stucchi, meno direttamente, quella del Teatro alla Scala di Milano.
La volta è divisa in 8 spicchi e affrescata con figure allegoriche rappresentanti le otto arti della tradizione classica (Tragedia, Commedia, Poesia, Musica, Danza, Pittura, Architettura e Scultura) dal pittore genovese Carlo Danielli. Il resto del plafone è stato affrescato dal ticinese, ma operante a Genova, Giuseppe Mola. Il sipario storico, ad opera del milanese Gaetano Borgo Caratti, rappresentante la “deificazione” da parte delle Muse del Chiabrera, è andato distrutto nell’incendio del 1883, così come il secondo sipario o “comodino” rappresentante lo sbarco di Cristoforo Colombo in America realizzato dal genovese Michele Bruno su bozzetto dello stesso Borgo Caratti. Il palcoscenico di legno con assi amovibili è di circa 14 metri per 14 e lo sovrasta la graticcia in acciaio a circa 19 metri. L’ultimo restauro si è prolungato dall’aprile 2002 al 22 ottobre 2005 ed ha interessato il completo rifacimento degli impianti, degli arredi e dei decori e il restauro della volta interessata dal distacco dell’affresco verificatosi nell’ottobre 1999.